April 4, 2025
Immagina di correre una maratona senza scarpe, su un terreno sconnesso e con gli occhi bendati.
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Così Samuela Bellini, vicepresidente dell'associazione "Un Raggio di Sole per Marty", descrive la condizione vissuta quotidianamente da Martina, una ragazza di 17 anni affetta da SPG50 - una forma ultra-rara di paraparesi spastica ereditaria che colpisce solo quattro persone in Italia e circa sessanta nel mondo. Una metafora che condensa, con crudezza e delicatezza al tempo stesso, una quotidianità fatta di incertezze, ostacoli continui e straordinaria tenacia.
"Ogni giornata la maratona riparte da zero," spiega Samuela. "Con l'incertezza se Martina e la sua famiglia riusciranno a fare un passo avanti o se si presenterà una nuova difficoltà. È una sfida continua, dove l'equilibrio tra speranza e frustrazione è costante."
La diagnosi di SPG50 – mutazione genetica rarissima che compromette la funzionalità neuronale – è arrivata dopo dodici lunghi anni di indagini diagnostiche. Un arco temporale che evidenzia la distanza, ancora oggi, tra i bisogni delle famiglie e i tempi della pratica medica standardizzata. Dodici anni in cui si brancola nel buio, senza riferimenti certi.
"Quando abbiamo finalmente avuto un nome per la malattia," racconta Samuela, "Jessica, la mamma di Martina, si è sentita sollevata. Pensava che da lì potesse iniziare un percorso. Ma durante un congresso sull'AP-4 (un complesso proteico la cui mutazione genetica è alla base della patologia di Martina), abbiamo scoperto che non esisteva un trattamento. Nessuna cura, nessun farmaco in sperimentazione, nessun percorso tracciato."
Jacopo riflette: "È uno di quei momenti in cui scopri che avere una diagnosi non basta, se non ci sono risposte. Una definizione non è una soluzione."
Quella consapevolezza ha rappresentato un punto di svolta. Samuela, con alle spalle una carriera ventennale nel settore farmaceutico, ha scelto di dedicarsi alla causa. "Era ciò che dava senso al mio tempo," afferma.
"Immagino non sia stato facile", aggiunge Jacopo. "Quando comprendi che anche un gesto minimo può avere un impatto dirompente per chi affronta questa maratona quotidiana, realizzi il valore autentico di ciò che fai. Non è solo questione di etica: è felicità autentica."
"Nel corso degli anni di collaborazione con aziende e istituzioni nel campo delle malattie rare, ho sempre visualizzato queste realtà come arcipelaghi quasi invisibili, composti da isolate manifestazioni di rarità. Realtà scollegate tra loro, lontane dalle rotte della medicina dei grandi numeri. Ma proprio per questo potenzialmente capaci di generare connessioni nuove, inaspettate."
"E' per questo che abbiamo fondato 'Un Raggio di Sole per Marty'," spiega Samuela. "Per costruire ponti, per far sì che queste famiglie non si sentano più sole. Per dare loro strumenti, linguaggi, alleanze."
Tra i ponti costruiti, uno dei più significativi è l'incontro con Terry Pirovolakis, padre canadese di un bambino con SPG50.
"Terry è un esempio straordinario," dice Samuela. "Quando gli dissero che non c'era nulla da fare, reagì raccogliendo fondi, fondando ELPIDA Therapeutics e finanziando un trattamento sperimentale in appena due anni. Una storia che sfida ogni previsione."
Jacopo osserva: "L'urgenza personale muove energie che spesso le istituzioni non riescono a mobilitare. È come se il bisogno individuale rendesse possibili cose che sembravano impensabili."
"Esatto. Le aziende non hanno un Michael o una Martina a casa," commenta Samuela. "Il problema non è la mancanza di empatia, ma la distanza degli obiettivi. E a volte anche la lentezza delle strutture."
Si passa a un piano più ampio, quello culturale e sistemico. "Cosa manca, secondo te, per creare una società più sensibile a questi temi?" chiede Jacopo.
"Due cose fondamentali," risponde Samuela. "La cultura della partecipazione e strumenti concreti per chi vuole aiutare. Tante persone hanno disponibilità, ma non sanno dove canalizzarla."
Jacopo accenna un sorriso orgoglioso: "Nel nostro piccolo, in JSB abbiamo da anni introdotto il 'tempo di qualità': 20 ore all'anno che i dipendenti possono dedicare ad attività culturali o di volontariato. È un modello che, se replicato, potrebbe avere un impatto sistemico."
"Se ogni professionista del settore sanitario dedicasse un'ora alla settimana a queste cause," riflette Samuela, "vivremmo una rivoluzione silenziosa, ma potentissima."
Prima che il discorso si sposti sulla ricerca scientifica, emerge con forza una questione etica centrale: il paradosso normativo che riguarda le malattie rare ed in special modo quelle "ultra rare"
"È un paradosso ," osserva Samuela. "Le normative, nate per garantire sicurezza e tutela, finiscono per impedire l'accesso a cure che potrebbero cambiare la vita. È come se si venisse esclusi proprio perché si rientra in un'eccezione."
Jacopo sottolinea: "Questo paradosso nelle malattie rare esemplifica un dilemma più ampio: sacrificare l'eccezionalità per proteggere la maggioranza, trasformando le tutele in barriere che escludono proprio chi avrebbe più bisogno di flessibilità normativa. Non è facile risolvere questa contraddizione sistemica."
"Esatto," conferma Samuela. "Nel caso di Martina, ci siamo scontrati con regole pensate per contesti molto diversi, costruite per gestire numeri e statistiche, non singole vite. Ma qui non ci sono grandi numeri. Qui c'è Martina. C'è Michael. E quando non esistono alternative, forse ogni regola dovrebbe avere il coraggio di rimettersi in discussione."
"Questo richiede un cambio di mentalità," aggiunge Jacopo. "Un processo di maturazione che richiede tempo, ma che ha già mosso i primi passi."
"Serve una flessibilità etica, non una leggerezza," chiarisce Samuela. "Non si tratta di saltare passaggi o aggirare la scienza. Si tratta di avere il coraggio di adeguare la scienza alle persone, non il contrario."
Un esempio lampante di questo paradosso emerge dal confronto tra Canada e Italia. "In Canada," racconta Samuela, "Terry ha potuto accedere all'uso compassionevole del trattamento per suo figlio Michael. Lo Stato ha riconosciuto l'urgenza. In Italia, invece, ci siamo scontrati con una rigidità normativa evidente. Gli stessi principi che altrove consentono interpretazioni flessibili, nel nostro sistema si trasformano in vincoli quasi insormontabili ."
Jacopo commenta: "È sorprendente questo paradosso etico tra nazioni 'sorelle': Canada e Italia, pur condividendo radici valoriali comuni, hanno interpretato diversamente lo stesso scenario clinico nel caso di Martina. Anche sistemi sanitari avanzati possono divergere significativamente nell'equilibrio tra innovazione terapeutica e cautela regolatoria."
Samuela annuisce, e aggiunge: "Questo non significa rinnegare il valore delle regole. Il sistema regolatorio ha indubbiamente una funzione irrinunciabile, ed è ovviamente appropriato che esistano criteri rigorosi a tutela dei pazienti. Ma è necessario trovare un equilibrio: riconoscere l'eccezionalità senza compromettere la sicurezza, adattare i protocolli senza snaturarne le finalità protettive. È una questione di proporzione e di ascolto."
Il tema della ricerca scientifica riemerge con forza, come un'urgenza che si rinnova.
"L'ospedale di Boston ha impiegato sei anni per uno screening di molecole esistenti potenzialmente attive contro la SP50," racconta Samuela. "Con il Covid abbiamo dimostrato che possiamo fare molto di più, molto più in fretta. Allora perché non farlo anche per chi ha una malattia rara?"
“L'intelligenza artificiale e l'intero arsenale tecnologico che abbiamo oggi a disposizione possono accelerare questo tipo di processi," osserva Jacopo. "Ma servono volontà, fiducia e il giusto coraggio per rivedere le logiche regolatorie.
La chiusura si concentra sul valore trasformativo del volontariato. Non solo come aiuto concreto, ma come esperienza esistenziale.
"Chi partecipa alle nostre iniziative difficilmente si tira indietro," dice Samuela. "Scopre una forma di felicità autentica, è come una droga buona: è additiva e ti sposta l'asse delle priorità."
Jacopo annuisce, pensando ad Antonella e Giada, due colleghe di JSB che sono state l'input per la partecipazione di JSB al percorso di presentazione dello studio clinico alle agenzie regolatorie e che hanno dato un contributo fondamentale nel sostenere l'associazione.
Prosegue Samuela: "Quando ho incontrato Terry l'anno scorso al congresso di Madrid, mi ha detto che stavano cercando di portare il trattamento in Italia, ma tutti dicevano che era impossibile," racconta Samuela. "Ho avuto paura, non sapevo come fare. Giada, con una semplicità disarmante, mi disse: 'Samuela, non ti preoccupare, adesso ci pensiamo noi.'
Quelle parole ebbero un impatto profondo. Ha tolto dalle mie spalle una responsabilità, un macigno. Dopo quella chiamata ho capito che la strada era difficile, ma non più impossibile.”
E da lì, il cammino è proseguito. Insieme.
"Non è un miracolo," conclude Samuela. "È il frutto di un lavoro costante: telefonate, mail, ostacoli e tanti piccoli sì. Un passo alla volta, stiamo costruendo un ponte tra queste isole invisibili. E continueremo a farlo, perché ogni ponte costruito rappresenta una nuova possibilità, una nuova voce che rompe il silenzio. Ognuno di noi può diventare parte di questo cambiamento, contribuendo a rendere meno isolata almeno un'isola. Basta iniziare, anche solo con un gesto."
Jacopo aggiunge, sorridendo: "Alla fine, tutto questo ci sta insegnando una cosa semplice ma potente: non serve essere eroi per fare la differenza. Serve esserci. Anche solo per dire 'ci pensiamo noi' e trasformare questa promessa mettendo a disposizione competenze, tempo e risorse. Il cambiamento vero nasce quando le competenze incontrano l'empatia, e quando le aziende smettono di guardare solo ai numeri e iniziano a misurare anche l'impatto umano. Se possiamo posare anche solo una pietra di quel ponte, per me vale già tutto."
Per conoscere e sostenere l'associazione "Un Raggio di Sole per Marty": https://sites.google.com/
Questo articolo è frutto di una conversazione tra Samuela Bellini, Vice Presidente dell'associazione "Un Raggio di Sole per Marty", e Jacopo Montigiani, CEO di JSB Solutions. Il testo si inserisce in una trilogia di riflessioni: dopo un primo articolo di Jacopo pubblicato qui, seguirà un'intervista a Jessica Pizzamiglio, madre di Martina e fondatrice dell'associazione. Tre prospettive complementari per stimolare un dibattito più maturo e consapevole sul tema delle malattie ultra-rare, nella speranza di costruire reti di senso, sostegno e azione
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